LA COLLAZIONE
La collazione e la divisione: un’azione importante per ristabilire i propri diritti
Uno degli errori più comuni che si pongono in essere è quello di ritenere che l’azione di riduzione, in tutte le sfaccettature sopra riportate, sia l’unico vero rimedio per far valere i propri diritti ereditari.
Niente di più falso! A volte, ed in specifici casi che qui di seguito si analizzeranno, la maggior efficacia processuale la si ottiene promuovendo l’azione di collazione e divisione.
La collazione è un’operazione funzionale e preliminare alla divisione ed è diretta a ricostituire materialmente la comunione ereditaria da dividere e non può esistere al di fuori del fenomeno divisorio.
La collazione – Definizione
Con il termine collazione si indica un’attività materiale diretta alla “raccolta” di tutte le attività oggetto di liberalità durante la vita del de cuius allo scopo di conferirle nella massa ereditaria.
Si tratta di un’obbligazione vera e propria che trae origine dalla legge ed in particolare dagli articoli 737 c.c. e seguenti.
Contrariamente a quanto sopra abbiamo visto in tema di calcolo dell’asse ereditario, ove le donazioni sono oggetto solo di un calcolo matematico e fittizio diretto a computare il loro valore al momento dell’apertura della successione, la collazione è un’operazione reale che ha il fine di rimettere nell’asse ereditario materialmente il bene allora oggetto di donazione o, come si vedrà, il suo equivalente in denaro.
La collazione – I soggetti tenuti alla collazione: i figli, i loro discendenti ed il coniuge
Una prima importante considerazione per verificare se può operare o meno l’istituto della collazione è la verifica di una condizione essenziale che riguarda un aspetto soggettivo.
La legge pone, infatti, l’obbligo della collazione in capo a determinati soggetti che sono individuati dall’articolo 737 c.c. ed in particolare obbligati alla collazione sono i figli, i loro discendenti, ed infine il coniuge.
Quando questi soggetti concorrono alla successione devono conferire ai coeredi ogni liberalità diretta o indiretta ricevuta dal defunto.
La collazione – Funzionamento
Una volta individuati i soggetti che sono obbligati alla collazione occorre interrogarsi su quale sia il suo funzionamento e come operi nel concreto.
L’articolo 737 c.c. nello specificare i soggetti che sono tenuti alla collazione usa, con riferimento a questi, la locuzione “devono conferire” e questo è di particolare importanza in quanto evidenzia la forza dell’istituto della collazione.
Ma come si concretizza questo obbligo? Non esiste una risposta univoca ma dipende da quello che è l’oggetto proprio dell’obbligazione restitutoria.
Qui di seguito passeremo in rassegna le singole ipotesi di funzionamento dell’obbligazione collatizia.
La collazione – I beni immobili
L’articolo 746 c.c. prevede la possibilità per chi ha ricevuto in donazione un bene immobile di scegliere se restituire alla massa ereditaria il bene immobile ricevuto per donazione o imputarne il valore alla propria porzione.
Il conferimento per imputazione consiste nel meccanismo diretto a far sì che il coerede che ha ricevuto la donazione riceva beni ereditari in misura ridotta rispetto agli altri coeredi, in considerazione del valore al momento dell’apertura della successione di quanto donatogli.
La differenza rispetto alla collazione con restituzione del bene alla massa ereditaria è evidente in quanto con il conferimento per imputazione il donatario trattiene il bene e riceve beni ereditari in misura ridotta “imputando” appunto il valore di quanto già ricevuto.
Al donatario coerede spetta, quindi, un diritto di scelta che non può essere influenzata da decisioni altrui.
L’unico limite alla sua facoltà di scegliere è dato dalla stessa legge, la quale, all’articolo 746 c.c., stabilisce che se l’immobile donato è stato alienato o ipotecato, la collazione può essere fatta solo con l’imputazione.
Qualora la collazione possa essere fatta solo per imputazione la norma alla quale fare riferimento è l’articolo 747 c.c. che fissa il principio in forza del quale il valore di riferimento dell’immobile deve essere quello che si ha al tempo dell’apertura della successione.
Cosa accade nel caso in cui siano stati fatti dei miglioramenti sull’immobile oppure se vi sono stati dei deterioramenti? Questi dovranno essere tenuti presenti nella valutazione da effettuarsi ed incideranno sul valore finale.
Occorre segnalare che se oggetto della donazione era stato il diritto di nuda proprietà, in sede di collazione viene equiparato alla piena proprietà essendo questo il diritto che sussiste al momento dell’apertura della successione (Cass. Civ., Sez. II, 16 dicembre 2010, n. 25473).
Sempre nel caso in cui il soggetto tenuto non voglia o non possa restituire il bene in natura bisogna tenere presente il disposto dell’art. 725 c.c. il quale stabilisce che la collazione per imputazione può altresì essere effettuata in forza di prelevamenti, da parte degli altri coeredi, formati, per quanto è possibile, con oggetti della stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti in natura.
La collazione – I beni mobili
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 750 c.c. la collazione di beni mobili può essere fatta unicamente per imputazione.
La loro valutazione deve essere fatta al momento dell’apertura della successione.
Il legislatore ha disciplinato anche il caso che si tratti di cose deteriorabili. In questo caso il loro valore viene determinato in base al valore che avrebbero avuto secondo il prezzo corrente al tempo della successione.
Se si tratta, invece, di cose che con l’uso si deteriorano il loro valore al momento dell’apertura della successione è determinato dallo stato in cui si trovano al momento della morte della persona della cui successione si tratta.
La determinazione del valore dei titoli dello Stato, degli altri titoli di credito quotati in borsa e delle derrate e delle merci, il cui prezzo corrente lo si ricava dai cosiddetti mercuriali, ovvero dal valore risultante dal listino del prezzo medio della merce di cui trattasi emanato a cura delle Camere di commercio, si ottiene in base ai listini di borsa al tempo dell’aperta successione.
Nella disciplina dell’art. 750 c.c. si fanno rientrare anche le partecipazioni nelle società e le azioni.
La collazione – Il denaro
La collazione del denaro è regolata dall’articolo 751 c.c.
Tale norma stabilisce che la collazione del denaro avviene prendendo una minore quantità di denaro che si trova nell’asse ereditario secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all'epoca dell'aperta successione.
L’esempio tipico è quello della donazione che aveva avuto ad oggetto una somma di denaro rappresentato da lire mentre al momento dell’apertura della successione è in vigore l’euro.
A ben vedere non si tratta di una vera e propria ipotesi di imputazione ma piuttosto di una compensazione tra quanto donato e quanto colui il quale ha ricevuto per donazione avrebbe diritto di prelevare dalla massa ereditaria.
Può anche capitare l’ipotesi che nell’asse ereditario non vi sia denaro oppure che questo non sia presente in quantità sufficiente.
In questo caso l’ultimo comma dell’art. 751 c.c. prevede che il soggetto obbligato alla collazione possa conferire in alternativa al denaro titoli dello Stato.
Nell’ipotesi che il donatario non voglia conferire nemmeno titoli dello Stato sono prelevati mobili o immobili ereditari, in proporzione delle rispettive quote.
Questo avviene mediante il prelievo, da parte degli altri coeredi, dai restanti beni, di un complesso di valore corrispondente alla somma già avuta in donazione.
La collazione – La casa del figlio comprata con denaro dei genitori
Una ipotesi molto frequente con la quale ci si deve confrontare è quella dell’acquisto da parte dei genitori della casa del figlio.
Si tratta senza dubbio di una fattispecie donativa che deve essere calcolata ai fini della massa ereditaria.
Ma quale è l’oggetto della donazione il denaro che è servito per acquistare l’immobile o l’immobile stesso?
La risposta al quesito non ha poca importanza perché ha conseguenze sul calcolo dell’asse ereditario e soprattutto sull’obbligo collatizio.
Al fine di realizzare l’operazione di acquisizione dell’immobile per il figlio possono essere stati utilizzati strumenti diversi.
Assai comune è quello della vendita in forza della quale il figlio acquista in modo diretto dal venditore l’immobile ed i genitori intervengono nell’atto di vendita unicamente per pagare il prezzo. Questo schema negoziale si chiama vendita con adempimento del terzo.
Altra possibilità diffusa è quella dei genitori che prima dell’atto notarile hanno fornito al figlio la provvista per comprare l’immobile. In questo caso è importante risalire a come sono stati dati i denari per l’acquisto dell’immobile.
Al fine di eseguire una prima indagine è fondamentale procurarsi l’atto di acquisto dell’immobile dal quale, se siamo fortunati, ricaveremo tutte le informazioni che necessiteremo in ordine alla provenienza del denaro usato per l’acquisto dell’immobile. La fortuna è prevalentemente legata ad un fattore temporale, ovvero, se l’atto è stato stipulato in un tempo successivo all’entrata in vigore della cosiddetta legge Bersani, 4 luglio 2006, in forza della quale il Notaio ha l’obbligo di elencare dettagliatamente anche tutti gli strumenti di pagamento.
Precisato quanto sopra è bene sapere che in seguito a diverse pronunce della Corte di Cassazione si è giunti alla nota sentenza Cass. Civ. Sez. Unite, 5 agosto 1992, n. 9282 in forza della quale è stato stabilito che oggetto della collazione è il bene immobile e non il denaro che è servito per il suo acquisto.
Questa pronuncia incide direttamente sul calcolo della massa ereditaria in quanto il valore da calcolare sarà quello dell’immobile al tempo dell’apertura della successione e non quello del denaro servito per il suo acquisto.
Oggetto dell’obbligo collatizio è, allora, l’immobile donato al figlio.
La collazione – Le polizze assicurative
Una delle convinzioni comuni più radicate è che le polizze assicurative sulla vita siano completamente al di fuori del fenomeno successorio.
Questa affermazione è solo parzialmente vera in quanto ciò che non inciderà sulla successione della quale saremo interessati sarà unicamente la somma che l’assicurazione pagherà al beneficiario della stessa.
Che rilevanza hanno, invece, le somme versate all’assicurazione per pagare la polizza? Ecco che arriva sorpresa.
La prima norma che deve essere presa in considerazione è l’articolo 1920 c.c. dalla lettura del quale si ricava che il beneficiario è titolare di un diritto proprio sulla somma assicurata che gli deriva dalla designazione che viene fatta da colui il quale ha stipulato la polizza assicurativa.
Ne deriva che la somma destinata al beneficiario della polizza assicurativa non deve essere calcolata né per la formazione dell’asse ereditario né, quindi, per la determinazione della quota disponibile o delle quote di riserva.
Tuttavia, occorre prendere in esame anche l’articolo 741 c.c. il quale stabilisce che è soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi discendenti per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita.
In buona sostanza si tratterebbe di esborsi che, in considerazione della specifica causale, devono essere concepiti come anticipazioni di eredità che in forza dei principi propri della collazione devono essere conferiti ai coeredi e che devono essere calcolati ai fini della determinazione della massa ereditaria.
Questo elemento è di sicura rilevanza data la particolare diffusione di questo strumento assicurativo proprio nella ferma convinzione che tutte le somme inerenti questa operazione assicurativa siano al di fuori del fenomeno successorio.
Un’ultima annotazione riguarda il fatto che la norma cita unicamente i discendenti. È opinione diffusa che in realtà si applichi anche al coniuge.
La collazione – assegnazioni varie
L’art. 741 c.c. non si limita a prendere in considerazione i premi pagati per le assicurazioni sulla vita in favore dei discendenti ma formula un elenco di altre spese sostenute dal defunto che devono essere considerate alla stregua di un’anticipazione dell’eredità.
Queste sono: le assegnazioni fatte a causa di matrimonio, le spese effettuate per l’avviamento all'esercizio di un'attività produttiva o professionale e le spese effettuate per pagare debiti.
Si reputa che l’elenco formulato dal legislatore all’art. 741 c.c. non sia tassativo.
I bonifici e le somme erogate in vita dal defunto
Un’altra indagine che deve senza dubbio essere condotta è quella relative alle movimentazioni di denaro che sono state fatte in vita dal defunto.
Purtroppo, la legge prevede l’obbligo per le banche di conservare e fornire la documentazione unicamente per un tempo di dieci anni antecedenti alla data di richiesta alla Banca interessata.
Vale comunque sempre la pena di indagare dove teneva i propri conti correnti il defunto e quali movimenti ha posto in essere.
Quale è il destino dei bonifici che eventualmente riusciamo a trovare?
Occorre partire da un presupposto di legge molto importante. Il nostro ordinamento prevede che per le donazioni, che non siano di modico valore, debba obbligatoriamente essere utilizzata la forma dell’atto pubblico ovvero un atto redatto da un notaio.
Che cosa dire, allora, del classico bonifico effettuato dal padre al figlio oppure della nonna al nipote con ad esempio la causale: “Ti voglio bene. Nonna.”?
Si tratta senza dubbio di una donazione diretta priva del requisito formale dell’atto pubblico.
Si segnala sul punto la nota e recente sentenza Cass. Civ., Sez. Unite, 27 luglio 2017, n. 18725 la quale ha stabilito che “il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l'esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta. Ne deriva che la stabilità dell'attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell'atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l'ipotesi della donazione di modico valore.”
Questo significa che il famoso bonifico effettuato con così tanta leggerezza dal padre al figlio sarà da considerarsi nullo e dovrà essere restituito alla massa ereditaria per intero.
In questo caso non in forza di collazione ma di vera e propria nullità del bonifico stesso.
La collazione – Le spese non soggette a collazione
Il legislatore è voluto anche intervenire per formulare una elencazione delle spese che non sono soggette a collazione.
Tra queste vengono elencate quelle di mantenimento, di educazione e quelle sostenute per malattia così come quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per le nozze.
Le spese per il corredo nuziale e quelle per l'istruzione artistica o professionale sono, invece, soggette a collazione solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto.
Non sono inoltre soggette a collazione le cosiddette liberalità d’uso.
La collazione – La collazione e la divisione
La collazione è un’operazione giuridica strettamente connessa all’istituto della divisione.
Non è, quindi, pensabile operare la collazione se non è funzionale ad una divisione. E da questa affermazione si ricava che la collazione, così come la divisione, non è possibile se manca una situazione di comunione.
È bene segnalare che la Corte di Cassazione con una sentenza piuttosto risalente e controversa ha evidenziato che affinché operi la collazione non è sufficiente un relictum di scarso valore (Cass. Civ. Sez. II, 25 novembre 1975, n. 3935).
La collazione – Prescrizione dei termini
L’azione diretta ad ottenere la collazione e la divisione non è soggetta a termini di prescrizione.
Il rapporto tra l’azione di riduzione e la collazione
Dopo aver trattato sia dell’azione di riduzione che della collazione possiamo ora verificare quali siano le differenze tra loro.
La prima è diretta a risolvere un problema legato alla violazione della quota di riserva ed a reintegrare la stessa mentre la seconda non presuppone una violazione della quota di riserva e, quindi, può essere esperita anche in assenza di ogni e qualsiasi lesione di quota di riserva.
Si tratta, quindi, di due azioni distinte che, qualora ne ricorrano i presupposti possono essere esperite entrambe. Generalmente in questo caso viene esperita prima l’azione di riduzione e successivamente quella di collazione e divisione.
Si pensi al caso di colui il quale è stato pretermesso dall’eredità. Come abbiamo visto egli non è erede fino a quando non esperisce vittoriosamente l’azione di riduzione. La prima e più logica conseguenza di ciò è quella che fino a tale momento non potrà essere considerato certamente coerede e parte di una comunione ereditaria essendogli preclusa la possibilità di proporre azione diretta alla collazione e divisione che potrà essere, invece, proposta in un tempo successivo.
Venendo al raffronto dei termini di prescrizione si può dire che mentre il termine per esperire l’azione di riduzione sia decennale quello per agire per la collazione e per la divisione non sussiste essendo un’azione imprescrittibile.
La collazione – La dispensa dalla collazione
Può accadere, soprattutto nei casi in cui la donazione venga effettuata con atto notarile, che venga prevista all’interno dello stesso la cosiddetta dispensa dalla collazione.
Quale significato ha questa dispensa?
In buona sostanza si tratta di una espressione di volontà del defunto diretta ad esonerare il donatario dall’obbligo di conferire alla massa ereditaria da dividere ciò che ha ricevuto a titolo di donazione.
Detta così la dispensa potrebbe generare delle profonde ingiustizie perché limiterebbe il funzionamento dell’istituto della collazione creando delle disparità gravi tra i coeredi.
Tuttavia, il legislatore ha precisato, proprio per evitare una stortura palese del sistema, che la dispensa dalla collazione opera solo nei limiti della quota disponibile.
Questa previsione normativa ha il palese significato che venga garantito il rispetto delle quote di riserva di tutti i legittimari.
L’effetto che in concreto si ottiene con la dispensa dalla collazione, è quello che il bene oggetto di donazione venga considerato in conto della quota di riserva spettante al legittimario ed eventualmente per l’eccedenza gravante sulla quota cosiddetta disponibile che, tuttavia, non può essere superata andando a violare i diritti di riserva degli altri eredi.